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L'inferno di Elisabeth Fritzl


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Viaggio alle origini del Male Storia di Josef il diavolo di Amstetten

Repubblica — 05 maggio 2008 pagina 31 sezione: CRONACA

Ogni giorno emerge qualcosa di peggio, di più: la diligenza di un anonimo, puntuale, comune, grigio impiegato dell' orrore. L' elettrotecnico Josef Fritzl non è semplicemente un pazzo diabolico. È soprattutto un pensionato qualunque: lucido, attento, premuroso. Per i vicini è «un marito e un nonno molto affezionato ai bambini». Domenica 4 maggio gli equivoci sono chiariti: questa non è una buona trama giornalistica. Questa volta tutte le tessere del mosaico devono essere ricomposte davvero, con pazienza, fino in fondo, senza ometterne una. Offrire un milione di dollari per la prima immagine di un riemerso dal sottosuolo, è un' illusione storica. Fuori, sopra, nella luce, non è rimasto niente. È tutto dentro, tutto sotto, nel buio invisibile. C' è un dovere individuale più intimo. Perché non solo siamo davanti a un Male nuovo, di categoria superiore. Si delinea anche un Bene inedito, assoluto: una prova di resistenza umana, di fiducia nella forza della libertà, senza precedenti sulla terra. Ciò che tutti sappiamo è semplice. Un padre seppellisce viva la figlia. La violenta per 8645 giorni, un quarto di secolo. Nella cantina sotto casa lei genera sette bambini. Uno non sopravvive e viene incenerito nel bruciatore del riscaldamento. Tre sono riportati in superficie e allevati dal nonno-padre. Tre sono condannati alle tenebre, insieme alla madre. Ciò che tutti ignoriamo è invece complicato. Può essere riassunto così: come e perché è successo. Un particolare, nella Bassa Austria, si impone. Nessuno si è accorto di quanto era evidente, nessuno è stato attento ai dettagli discreti. Manca la volontà: ma la colpa? Come la casa della famiglia Fritzl, ad Amstetten, il microcosmo dove è successo tutto. All' angolo tra Dammstrasse e Ybbsstrasse, è un nudo cubo di cemento armato grigio. I tre lati esterni sono senza finestre. Solo quello interno, affacciato sul garage, ne ha quattro. Sbarre spesse chiudono i lucernari del piano terra. Il tetto, a terrazza, è difeso da pini mughi non potati. È un incubo freddo, rispetto alle calde ville in stile bavarese che la circondano. Josef, per la famiglia, aveva costruito un carcere. I vicini non ci hanno badato e adesso hanno grattato via i propri cognomi dai campanelli. Non vogliono essere disturbati. Perché c' è soprattutto lui, e la sua rispettabile vita in mezzo a loro, a farli vergognare. È il 1957. Il giovane Sepp mette incinta la diciottenne Rosemarie. I parenti fissano le nozze. Sette figli in quattordici anni: due maschi e cinque femmine. In casa è un inferno. La moglie è usata come una schiava. I bambini, quando il padre rientra da Linz, tacciono terrorizzati. Nel 1967 la prepotenza rivela il volto più oscuro. Josef punta il coltello alla gola di due donne e le violenta. Una terza ragazza riesce a sfuggirgli. E' denunciato per atti osceni, cerca di bruciare un palazzo. Condannato per stupro, resta in carcere solo 18 mesi. Uno choc. Rosemarie, una notte, tenta di uccidersi con il sonnifero. Ci sono quattro figli da sfamare e rimane ad aspettarlo. Liberato, licenziato dalla Voestalpine, Fritzl prende in gestione una pensione sul Mondsee. Dieci anni dopo i reati vengono cancellati dal casellario giudiziario. Inizia un' altra vita. Ottiene il permesso di costruire un rifugio anti-atomico sotto il giardino. È il 1978: lungo la frontiera del Patto di Varsavia, la Guerra Fredda minaccia di esplodere. Protetto dall' indifferenza, ricava una stanza di venti metri, blindata e insonorizzata. Il municipio loda il suo «senso di resistenza patriottica». Elisabeth ha dodici anni: da mesi il padre la violenta con regolarità. Fino al 1982. Esasperata dagli abusi, scappa. Sedicenne, viene assunta come barista in un autogrill. Convinta a tornare, sottomessa ancora, fugge altre due volte. Fino all' ultima, nel luglio 1984. Ormai maggiorenne, rientra per qualche giorno in famiglia e commette l' errore che le costa la vita. Minaccia di denunciare l' incesto alla polizia. È il momento-chiave, rivelato tre giorni fa agli psicologi di Mauer. «Per qualche giorno - ricorda Elisabeth - mio padre si è mostrato pentito. Ci trattava con dolcezza». Si fida e viene punita. Alle 16 del 28 agosto Josef la seda con l' anestetico, la ammanetta e rivela perché aveva costruito un bunker sotto terra. Un telecomando a raggi infrarossi, regolato da un timer di sua invenzione, chiude due porte blindate. La figlia, per nove mesi, resta legata ad una corda. Isolata, al buio, è libera di raggiungere solo il wc. In superficie credono alla bugia del padre: l' ennesima fuga, questa volta con una setta satanica. Qualche mese e nessuno la cerca più. Sparita e basta. Gli altri sei fratelli, appena possono, si sposano e se ne vanno per sempre. Josef eredita appartamenti e negozi per oltre 5 milioni di euro, oggi ipotecati. E' ricco. Viaggia su una Mercedes metallizzata, va a messa tutte le domeniche, cura canarini, passa le ferie con l' amico Paul H. sulla spiaggia di Pattaya, in Thailandia, festeggia le nozze d' oro. Nel 1986 una ragazza di 17 anni viene violentata e uccisa vicino alla sua pensione sul Mondsee. Un' altra scompare. La vita continua però anche sotto il pavimento della Dammstrasse. Elisabeth è una mummia. Quando "lui" viene, deve indossare biancheria erotica, o abiti da prostituta. Diciannove anni fa partorisce Kerstin, ora in fin di vita nell' ospedale di Mosviertel. L' anno dopo nasce Stephan, quindi Lisa. È il 1993. Viene abbandonata davanti a casa, insieme ad una lettera. Costretta dal padre, Elisabeth scrive di non poterla mantenere e chiede alla madre di adottarla. L' anno dopo tocca a Monika. Josef registra una richiesta di aiuto di Elisabeth e la fa ascoltare a Rosemerie al telefono. Poi nascono Alexander e il suo gemello morto. Infine Felix, cinque anni fa, recluso nella tana con i due più vecchi. Da dieci anni la gabbia, alta un metro e settanta, è stato ampliata a 57 metri quadri. Conta due camere da letto, un bagno, una cucina. Ci sono frigo, freezer, fornelli, tivù, videoregistratore, vasca da bagno. Josef passa in cantina molte notti e gran parte della giornata. Orari da ufficio: 9-12 e 15-18. Dice di studiare circuiti elettrici, di disegnare biancheria intima per un' industria. Nessuno può scendere. Alla Despar sulla Ybbsstrasse, nei villaggi attorno, fa spese enormi che scarica davanti a tutti. Agli inquilini, misteriosamente, spariscono alimenti e arrivano bollette elettriche da 400 euro. Rumori strani? «È il riscaldamento». Vicini e parenti, assistenti sociali e polizia, non fanno domande. Fino a sabato 19 aprile, quando dalla tomba riemerge Kerstin, ridotta ad uno scheletro. Dopo 24 anni Albert Reiter, primario di rianimazione, è il primo a non accettare di credere più all' incredibile. Fa una domanda, una sola, normale domanda, e l' inferno di Josef crolla in un istante. «La mia famiglia - dice - adesso mi fa pena». È l' inizio della confessione. E l' esame genetico conferma: ha avuto sette figli sulla terra, dalla moglie-schiava, e sette sotto terra, dalla figlia-cadavere. La divisione è netta: superficie e profondità, luce e oscurità. Per questo, da 15 giorni, è il buio del bunker a vomitare l' invisibile decisivo. Josef era pronto a sterminare i suoi spettri con il gas. Annullava Elisabeth minacciando di ucciderle i figli. L' ha violentata davanti ai bambini. In caso di incidente o morte del padrone, anche la famiglia segreta sarebbe stata condannata a morire: asfissiata, o di inedia. I figli sepolti, senza denti, semiparalizzati, ritardati, terrorizzati da luce, rumori ed estranei, non conoscevano il destino di quelli riemersi. Medici e psichiatri si chiedono perché, allora, Josef ha voluto che l' incesto generasse figli. Perché, riducendoli a vegetali, li ha curati e allevati. Perché ha realizzato per loro un loculo pieno di dolcezza. Perché ha deciso che tre potevano vedere le stelle, e tre no. Perché, pedofilo e conclamato maniaco seriale, ha ottenuto l' affido dei falsi nipoti. Perché, alla fine della sua tragedia, ha accettato di portare Kerstin a morire in ospedale, sapendo di scrivere la propria condanna. È possibile, senza complicità, regnare fino alla vecchiaia su un sommerso Lager e misura d' uomo, su «un' opera di elettronica grandiosa» nel centro di una città europea? Nella clinica di Mauer, Elisabeth riabbraccia ora tutti i suoi figli. Si incontrano al buio, in silenzio, tra poche stanze isolate. Riproducono il pianeta che pensavano fosse il mondo. Ha accettato di morire lentamente per salvarli. Bacia e assolve anche Rosemarie, la mamma che non ha avuto il coraggio di rispondere a se stessa. Serviranno otto anni di cure, per provare a sopravvivere alla memoria. «Sapevo da bambina - ha detto ieri Elisabeth alla sorella maggiore - che gli esseri umani sono liberi. Non sono di nessuno. Non c' è una prigione che può incatenarli per sempre». In due settimane non ha mai sorriso. Non le interessa che Josef, confesso ma infermo di mente, rischi 15 anni di ospedale psichiatrico. Si meraviglia che i giornali definiscano "incredibile" l' unica cosa in cui ha sempre creduto: lui era debole, avrebbe vinto lei. - DAL NOSTRO INVIATO giampaolo visetti

ho quasi finito di leggerlo :( in certi punti ti senti pitrificato , incredulo , ti chiedi come può esistre tanta cattiveria in una persona

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