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Il Topic dei Cattolici


giovanniaffinita

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Nello specifico...tu, senza i papiri del Mar Morto, senza il fior di studi sulle scritture, crederesti di meno? Perché in questo caso sarebbe una fede incompleta, a mio avviso...ma forse mi sbaglio...

Però, dato che mi aveva affascinato la questione dell'affidarsi totalmente, mi risulta un po' ostica la necessità di trovare delle prove. Intendo dire che: se ci sono, tanto meglio, ma se non ci sono, in quanto credente io ne me fregherei e crederei cmq

Si, e' un apparente approccio "falsato" alla fede. Personalmente i rotoli del Mar Morto per me non fanno differenza a livello di fede. Trovo gia' straordinario cio' che leggo oggi nelle scritture senza il bisogno di cercare se sono del 68 dC o del 100dC.

Pero' penso sia interessante informarsi anche su cio' che la scienza puo' dire riguardo ad un culto... cioe' l'unica cosa che puo' dire: quanto sono antichi alcuni testi, cosa sono delle presunte reliquie, etc.

Tempo fa mi capito' una discussione sulla Sindone (che la chiesa NON considera reliquia), l'interlocutore ha passato parecchio tempo a criticare la chiesa per come "dimostrasse" la propria ipocrisia tramite la Sindone perche' voleva "dimostrare" Cristo tradendo il concetto di fede e di come i credenti fossero boccaloni perche' si tratta di un dipinto medioevale...

A me e' servito molto aver approfondito un po' l'argomento perche' e' stato sufficiente per fermare quel flusso di critiche senza costrutto... e' bastato dire che

1- la chiesa non la considera reliquia

2- non puo' essere un dipinto

Quando dissi che non e' un dipinto il tizio chiese come facevo a saperlo... ed io: "sono un pittore che lavora con tecniche medioevali".

Ma questa e' solo una divagazione. La fede si basa sull'affidamento; dal punto di vista Cristiano l'affidamento funziona anche perche' siamo stati spettatori di una testimonianza... io non sarei cristiano se nella mia vita non avessi mai incontrato cristiani.

Come la maggior parte delle altre cose intorno a cui gli uomini si eccitano, quali la salute e la malattia, la vecchiaia e la giovinezza, oppure la guerra e la pace, dal punto di vista della vita spirituale e' soltanto materia prima. (Berlicche)

"Le parole condizionano la lettura dei fatti" (R.Saviano)

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Ma questa e' solo una divagazione. La fede si basa sull'affidamento; dal punto di vista Cristiano l'affidamento funziona anche perche' siamo stati spettatori di una testimonianza... io non sarei cristiano se nella mia vita non avessi mai incontrato cristiani.

D'altronde questo è l'unico metodo di trasmissione della fede.

Giovanni Affinita

"L'innamoramento dura pochi mesi, l'Amore dura tutta la vita"

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Per me il punto è tutto lì...nelle parti che ho sottolineato.

Il fatto che ci siano "prove" da ambo le parti, implica che la questione è apertissima.

La frase in grassetto, invece, dal mio punto di vista la correggerei...non è giocoforza un fatto "superiore", ma "ulteriore"...e cmq, terminologia a parte, è esattamente quello che intendevo dire. Prove o non prove, ad un certo punto entra in campo la fede...e non ce n'è più per nessuno, se si crede.

;)

Per il libro, mandami pure una mail, così sono certa di averlo sott'occhio.

Anche se di mio non cercherei mai un libro che parla di persone grigliate, bollite, martirizzate e via di questo passo, sono sempre pronta a nuove esperienze letterarie.

Bè, dicevamo la stessa cosa! :ghghgh:

In realtà, per quanto mi riguarda, c'è anche un'altro meccanismo che mi dona fede: vedere in me e negli altri, le cose scritte in quel piccolo libricino.

Giovanni Affinita

"L'innamoramento dura pochi mesi, l'Amore dura tutta la vita"

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Quando tu affermi che il fedele cattolico ha fede in quando proferito da gesù ed ha la certezza di gesù stesso, non hai prove certe, hai la tua fede...

Questo è quanto avvenuto per secoli.

Come prima base del discorso evitiamo di mettere in dubbio l'esistenza storica di Gesù.

Non per timori o faciloneria, ma semplicemente per evitare il gioco delle tre carte tanto caro ad una buona parte degli intellettuali atei.

Quello che molti uomini si sono ritrovati davanti due millenni fa era un racconto.

Racconto assurdo da qualsiasi lato lo si prendesse: se da una parte si poteva accettare l'idea della resurrezione, dall'altra un Messia crocifisso era motivo di scandalo.

Al tempo stesso la Buona Novella scardinava tanto della legge pre-esistente.

"Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento." Mt 5, 17

Nessuna novità dunque. Eppure:

Passando vide un uomo cieco dalla nascita

e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?".

Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo" Gv 9, 1-5

Quindi, non è venuto a cambiare nulla, ma in un sol colpo fa saltare tutta la concezione giudaica dell'epoca secondo cui la tua condizione attuale era dettata dai peccati commessi in precedenza. (vedi anche Giobbe)

Così a bruciapelo si potrebbe notare come questa concezione di "ricco=nella grazia di Dio" sia presente trasversalmente nella cultura americana, che ha una radice prettamente protestante.

Comunque, pare che i primi cristiani si trovassero nella condizione di sentire un racconto che bene o male stravolgeva tutti i canoni culturali dell'epoca, e decidere se quel racconto fosse vero solo in base alla testimonianza di quanti aveva veduto in prima persona o di quanto riportato da chi aveva sentito il racconto.

Insomma una situazione di cose dette da un amico di un mio amico che ha un cugino che gli ha detto di aver sentito qualcuno dire che...

Per secoli è stato così.

La fede, per quanto dono, non era messa in discussione. O meglio, non era messo in discussione il racconto all'origine.

Poi, con il tempo si insinua sempre più la presenza umana nella storia.

Il passaggio epocale è riportato da Giotto nella pittura. Il cielo è azzurro. Orpo! non ve ne siete mai accorti?

A noi sembra una banalità, ma non lo è affatto. Se la mentalità dell'epoca era "visto che Dio è in cielo, questo deve essere rappresentato con l'oro, la cosa più preziosa che ci sia", dipingere un cielo azzurro era stravolgere un canone ed affermare che il cielo è quello che è, l'oro è una necessità umana.

Facendo un'altra piccola divagazione, quando vengono additati fronzoli e ninnoli d'oro addosso ad un religioso si fa lo stesso discorso.

Torniamo a Giotto, e poi al secolo carnale. Il Rinascimento, periodo in cui la sete di sapere prepara la base all'Illuminismo, trampolino per il Positivismo dell'800, "salda base" per costruire il Materialismo ed il Relativismo attuali.

Da un certo punto in poi la Scienza, sganciata dal suo lato divino, ha voluto percorrere la sua strada.

Ovvio che la prima cosa da dimostrare fosse proprio l'inconsistenza delle prove addotte fino a quel momento.

Prove? la cosa che fa sorridere molti scienziati è che di prove non si tratta, ma di superstizioni.

E per dimostrarlo hanno cercato di confutare l'esistenza storica di Gesù, di cui nessuno storico romano di rilievo ne parla. Nazareth era una bufala finchè non è saltata fuori una iscrizione che ne indicava la reale esistenza.

I vangeli sono stati scritti dopo centinaia di anni per creare un documento ad hoc, e poi saltano fuori i rotoli del mar Morto.

E come queste tante altre piccole cosucce, scoperte per lo più da chi nel suo intento voleva distruggere la superstizione Gesù, per liberare le menti ottenebrate dall'oppio dei popoli. Ora attraverso una confutazione storica, ora attraverso una mitologica.

E' per questo che tanti cristiani possono fornire dati a richiesta. Siamo in epoca dominata dalla parte più dura della materia, e questo incide anche nel credente.

Snocciolare dati può essere utile ma non è una necessità della Fede.

E' per l'incredulità di altri.

ecce sto ad ostium et pulso

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La fede si basa sull'affidamento; dal punto di vista Cristiano l'affidamento funziona anche perche' siamo stati spettatori di una testimonianza...

E questo è assolutamente condivisibile...a me tutta questa storia dell'affidamento piace da morire, in teoria...poi nella pratica non mi appartiene, ma per altri percorsi miei, che attengono al mio lavoro, so cosa si può provare nell'affidarsi...magari non ad un dio, ma sicuramente ad un'emozione...

Come prima base del discorso evitiamo di mettere in dubbio l'esistenza storica di Gesù.

Nazareth era una bufala finchè non è saltata fuori una iscrizione che ne indicava la reale esistenza.

I vangeli sono stati scritti dopo centinaia di anni per creare un documento ad hoc, e poi saltano fuori i rotoli del mar Morto.

Attenzione.

Io non sto negando l'esistenza di una persona.

Nego la sua natura divina.

Le prove sull'esistenza della persona mi stanno più che bene...il resto continua a non convincermi...ma credo che sia qui che entra in gioco la fede.

(bellissima tutta la questione riguardo Giotto e via discorrendo...l'ho letta con piacere)

Snocciolare dati può essere utile ma non è una necessità della Fede.

E' per l'incredulità di altri.

E qui mi ricollego a quanto abbiamo già discusso, ma temo di farlo impropriamente.

Ovvero...perché non rispettare anche l'incredulità altrui? Se questa non viene a ledere diritti particolari del credente, che io (ateo) creda o meno, poco cambia...

Mi rendo conto che è un discorso che si morde la coda, dato che qui si torna alla questione che la religione impone la testimonianza e quindi non si può fare a meno di far sapere a tutti gli altri che il "vestito" (per riutilizzare la metafora di Leone) che si indossa è bellissimo, secondo noi.

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Le prove sull'esistenza della persona mi stanno più che bene...il resto continua a non convincermi...ma credo che sia qui che entra in gioco la fede.

Esattamente quello che cercavo di espletare.:(

Giovanni Affinita

"L'innamoramento dura pochi mesi, l'Amore dura tutta la vita"

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Attenzione.

Io non sto negando l'esistenza di una persona.

Nego la sua natura divina.

E' la stessa base di partenza dell'eresia Ariana (da Ario religioso vissuto intorno al 320), uno dei motivi per cui venne convocato il concilio di Nicea, che diede vita al Simbolo niceno (ovvero il Credo).

Le prove sull'esistenza della persona mi stanno più che bene...il resto continua a non convincermi...ma credo che sia qui che entra in gioco la fede.

Tipo?

Qualcosa che riguarda il racconto stesso, rendendolo inattendibile;

o qualcosa che riguarda gli atti compiuti da Gesù, come miracoli e resurrezione?

(bellissima tutta la questione riguardo Giotto e via discorrendo...l'ho letta con piacere)

La battuta su Giotto è ispirata da uno degli intellettuali italiani che più apprezzavo: Giorgio Gaber :(

E qui mi ricollego a quanto abbiamo già discusso, ma temo di farlo impropriamente.

Ovvero...perché non rispettare anche l'incredulità altrui? Se questa non viene a ledere diritti particolari del credente, che io (ateo) creda o meno, poco cambia...

Questo è un discorso piuttosto complesso ed articolato, che mi riservo di proporre più avanti, quando avrò elaborato il contesto giusto per presentarlo.

Finora, tutte le volte che l'ho fatto non è mai stato colto nel modo corretto.

Da una parte non ho ancora trovato i termini giusti, sebbene a me continui a sembrare chiarissima la questione che pongo; dall'altra è pur vero che ognuno coglie ciò che può.

Mi rendo conto che è un discorso che si morde la coda, dato che qui si torna alla questione che la religione impone la testimonianza e quindi non si può fare a meno di far sapere a tutti gli altri che il "vestito" (per riutilizzare la metafora di Leone) che si indossa è bellissimo, secondo noi.

La religione non impone l testimonianza.

La "impone" la sequela di Gesù. E quel furbacchione l'ha pure detto:

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola" ... Gv 14, 23

E quel doppio furbacchione ha detto pure che saranno grane fitte:

Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».

Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». Lc 9, 57-58

Come dire... io te l'avevo detto...

La testimonianza non è dunque imposta, ma deriva direttamente dalla conversione del cuore. Quando uno è felice, tende a condividere questa felicità.

ecce sto ad ostium et pulso

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La testimonianza non è dunque imposta, ma deriva direttamente dalla conversione del cuore.

Quando uno è felice, tende a condividere questa felicità.

Siamo nella stessa barca...anche io sono felice così, senza dio e liturgie...

Vale di più la mia felicità o quella di chi crede?

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Siamo nella stessa barca...anche io sono felice così, senza dio e liturgie...

Vale di più la mia felicità o quella di chi crede?

assegnare un valore alla felicita' e' come cercare il peso specifico dell'anima.

La felicita' vale, alla fine non importa come la si raggiunge (a patto che non si danneggi altre persone, ovvio)

Come la maggior parte delle altre cose intorno a cui gli uomini si eccitano, quali la salute e la malattia, la vecchiaia e la giovinezza, oppure la guerra e la pace, dal punto di vista della vita spirituale e' soltanto materia prima. (Berlicche)

"Le parole condizionano la lettura dei fatti" (R.Saviano)

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assegnare un valore alla felicita' e' come cercare il peso specifico dell'anima.

La felicita' vale, alla fine non importa come la si raggiunge (a patto che non si danneggi altre persone, ovvio)

No Leone. Non ci siamo.

Hai spostato completamente il punto del discorso.

Ora ti rimetto sulla buona strada.

Non sto mercificando l'oggetto "felicità".

Leggi bene cosa ho citato dell'intervento di Ellelle.

Il mio argomentare non riguarda il "valore" di una felicità rispetto ad un'altra, bensì se sia legittimo doverla testimoniare anche a chi di fatto è felice cmq, pur avendo fatto un altro percorso. La differenza sta tutta lì. Io (ateo) sono felice e punto. Tu (credente) sei felice ma non ti fermi lì....la testimonianza presuppone che tu mi debba convincere (più o meno velatamente) che la tua felicità sia più completa della mia. Ma il rispetto non dovrebbe cominciare proprio da qui? Perché se tu (credente) fossi convinto che la mia felicità sia equiparabile alla tua, mi lasceresti tranquillo a godermela, no?

Comprendo come i miei discorsi siano assolutamente impossibili, presi dal punto di vista della fede, ma non posso fare a meno di rilevare quelle che sono, ai miei occhi, delle gravi storture riguardo alla questione del dialogo. Come può esserci dialogo, se devo continuamente vedere equiparata la mia felicità (senza dio e senza liturgie, come ho già detto) alla tua...anche solo per il fatto che la tua deve essere assolutamente testimoniata in ogni dove, quando e perché?

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No Leone. Non ci siamo.

Hai spostato completamente il punto del discorso.

Ora ti rimetto sulla buona strada.

Non sto mercificando l'oggetto "felicità".

Leggi bene cosa ho citato dell'intervento di Ellelle.

Il mio argomentare non riguarda il "valore" di una felicità rispetto ad un'altra, bensì se sia legittimo doverla testimoniare anche a chi di fatto è felice cmq, pur avendo fatto un altro percorso. La differenza sta tutta lì. Io (ateo) sono felice e punto. Tu (credente) sei felice ma non ti fermi lì....la testimonianza presuppone che tu mi debba convincere (più o meno velatamente) che la tua felicità sia più completa della mia. Ma il rispetto non dovrebbe cominciare proprio da qui? Perché se tu (credente) fossi convinto che la mia felicità sia equiparabile alla tua, mi lasceresti tranquillo a godermela, no?

Comprendo come i miei discorsi siano assolutamente impossibili, presi dal punto di vista della fede, ma non posso fare a meno di rilevare quelle che sono, ai miei occhi, delle gravi storture riguardo alla questione del dialogo. Come può esserci dialogo, se devo continuamente vedere equiparata la mia felicità (senza dio e senza liturgie, come ho già detto) alla tua...anche solo per il fatto che la tua deve essere assolutamente testimoniata in ogni dove, quando e perché?

Qui stai cadendo in una piccola contraddizione, a mio avviso.

... a parte il fatto che io nutra molti dubbi che la' fuori ci siano molte persone felici a cui non serve un suggerimento (velato o meno) su una possibile strada da seguire per conseguire la felicita'... ma... e' impossibile non testimoniare cio' che si e'. Anche tu, in questo momento, col tuo argomentare qui, stai testimoniando la tua dimensione di felicita'... dal punto di vista dell'altra persona, anche se l'intento non e' quello di convincere, si tratta sempre di testimonianza. Torniamo al discorso del vestito... il rispetto per l'altra persona non mi impone di mettermi nudo per non offendere il tuo gusto nel tuo vestito.

Per questo motivo cercavo esempi concreti nel topic AA del come praticamente "vivere privatamente" una religione. Fondamentalmente e' una contraddizione in termini perche' e' perfettamente logico testimoniare con atti cio' che noi adottiamo come ideologia o sistema di valori.

Come la maggior parte delle altre cose intorno a cui gli uomini si eccitano, quali la salute e la malattia, la vecchiaia e la giovinezza, oppure la guerra e la pace, dal punto di vista della vita spirituale e' soltanto materia prima. (Berlicche)

"Le parole condizionano la lettura dei fatti" (R.Saviano)

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Non penso ci sia contraddizione.

Per il semplice fatto che, se non messa in una situazione di confronto, io non mi pongo nemmeno il quesito se qualcuno di fronte a me sia credente o meno. E non sento il bisogno di rivendicare nessun vestito...anzi! Sono lieta che ciascuno abbia il proprio...non ho mai inteso dire che ci si debba denudare. Non ti vengo nemmeno a dire: "guarda come è bello il mio"...se ti piace e ti andrà di dirmelo, lo farai da te...oppure no...la mia vita non cambia. Ed infatti sono convinta che la sola possibilità di convincimento che abbiamo verso gli altri sia l'esempio...a prescindere dal risultato ottenuto. Vivi la tua vita come credi di doverla vivere...se affascinerai qualcuno con il tuo esempio, bene...altrimenti, bene lo stesso. La cosa che non comprendo (e sarà certamente un mio limite, in quanto la fede, il concetto stesso di fede, mi è completamente estraneo) è una certa...come dire...tendenza all'ostentazione. Io non porto simboli del mio ateismo addosso, non li affiggo nelle scuole...eccetera...dal mio punto di vista, ci sono molti atteggiamenti di chi crede che mi inducono a pensare che ci sia sempre una sorta di pretesa visione privilegiata.

Partiamo invece dal presupposto che siamo tutti paritari...e che quella che tu cogli come una voglia di testimoniare la mia felicità è invece solo desiderio di comprendere perché non ce la si possa vivere a prescindere dal comunicare o meno il messaggio universale...

Come ho già detto più e più volte...credo sempre meno nei massimi sistemi e sempre più nell'individuo.

Ed aggiungo: anche io nutro molti dubbi sul fatto che ci siano poi tutti questi credenti veramente "felici"...siamo sempre da capo...ognuno vede le cose dal proprio punto di vista.

Sul fatto poi di dimostrare/testimoniare ciò che si è...certo...sono d'accordo...però lo si testimonia essendolo, non amplificando il messaggio fino all'eccesso. Altrimenti diventa manierismo. IMHO...come sempre.

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Non penso ci sia contraddizione.

Per il semplice fatto che, se non messa in una situazione di confronto, io non mi pongo nemmeno il quesito se qualcuno di fronte a me sia credente o meno. E non sento il bisogno di rivendicare nessun vestito...anzi! Sono lieta che ciascuno abbia il proprio...non ho mai inteso dire che ci si debba denudare. Non ti vengo nemmeno a dire: "guarda come è bello il mio"...se ti piace e ti andrà di dirmelo, lo farai da te...oppure no...la mia vita non cambia. Ed infatti sono convinta che la sola possibilità di convincimento che abbiamo verso gli altri sia l'esempio...a prescindere dal risultato ottenuto. Vivi la tua vita come credi di doverla vivere...se affascinerai qualcuno con il tuo esempio, bene...altrimenti, bene lo stesso. La cosa che non comprendo (e sarà certamente un mio limite, in quanto la fede, il concetto stesso di fede, mi è completamente estraneo) è una certa...come dire...tendenza all'ostentazione. Io non porto simboli del mio ateismo addosso, non li affiggo nelle scuole...eccetera...dal mio punto di vista, ci sono molti atteggiamenti di chi crede che mi inducono a pensare che ci sia sempre una sorta di pretesa visione privilegiata.

Partiamo invece dal presupposto che siamo tutti paritari...e che quella che tu cogli come una voglia di testimoniare la mia felicità è invece solo desiderio di comprendere perché non ce la si possa vivere a prescindere dal comunicare o meno il messaggio universale...

Come ho già detto più e più volte...credo sempre meno nei massimi sistemi e sempre più nell'individuo.

E poi, anche io nutro molti dubbi sul fatto che ci siano poi tutti questi credenti "felici"...siamo sempre da capo...ognuno vede le cose dal proprio punto di vista.

Sul fatto poi di dimostrare ciò che si è...certo...sono d'accordo...però lo si testimonia essendolo, non amplificandolo fino all'eccesso. Altrimenti diventa manierismo. IMHO...come sempre.

Ma infatti neanche io mi pongo problemi quando mi relaziono con qualcuno (intendo dire se mi premuro di sapere se e' credente o no), ma se colgo che la persona con cui mi relaziono e' infelice ed essa manifesta il desiderio di sapere il mio punto di vista, io tranquillamente mostro cio' che credo.

Come vedi non c'e' nessuna ostentazione ne' "manierismo " (anche se non capisco esattamente cosa intendi dire con questo termine perche' io lo associo all'ipertrofico virtuosismo dell'arte del XIV secolo)

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Ma infatti neanche io mi pongo problemi quando mi relaziono con qualcuno (intendo dire se mi premuro di sapere se e' credente o no), ma se colgo che la persona con cui mi relaziono e' infelice ed essa manifesta il desiderio di sapere il mio punto di vista, io tranquillamente mostro cio' che credo.

Come vedi non c'e' nessuna ostentazione ne' "manierismo " (anche se non capisco esattamente cosa intendi dire con questo termine perche' io lo associo all'ipertrofico virtuosismo dell'arte del XIV secolo)

Bè...sì...io in certe questioni religiose ci vedo esattamente del manierismo, proprio inteso come dici.

Ma non è importante il termine.

Leone...poi qui si parla in generale.

Che tu non lo faccia è un conto...che sia una pratica comune è un altro.

Sulla questione "individuo": sai bene che penso che alla fine ci si capisca meglio fra individui che fra schemi di pensiero.

Me ne convinco sempre di più.

Sta di fatto che alcune delle migliori discussioni che ho avuto sono state con voi.

Molto stimolanti, non c'è che dire.

A quando un MacMeeting AA/CC? Mi ronza l'idea da qualche giorno...

Bellissimo intervento Minerva!!

:ghghgh:

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La differenza sta tutta lì. Io (ateo) sono felice e punto. Tu (credente) sei felice

Facciamo un'ipotesi.

Io non ho intenzione di convincere nessuno e non verrò mai da te a dire che quanto fai non concorda con la legge divina.

Mi piacerebbe solo potere agire in conformità con quanto mi rende felice e sereno d'animo.

Me lo lasceresti fare?

ecce sto ad ostium et pulso

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Facciamo un'ipotesi.

Io non ho intenzione di convincere nessuno e non verrò mai da te a dire che quanto fai non concorda con la legge divina.

Mi piacerebbe solo potere agire in conformità con quanto mi rende felice e sereno d'animo.

Me lo lasceresti fare?

Perché quando si tratta di te, sospetto sempre che ci sia l'inghippo? :ghghgh:

Cmq. La tua domanda è troppo ambigua.

Che cosa ti renderebbe felice e sereno d'animo?

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:ghghgh: perchè ti sto tirando il trappolone :shock:

Ognuno vive una sua favola personale. Questo mi sembra assodato.

Dunque mi renderebbe felice e sereno potere agire in conformità con quanto "prescritto" dalla mia favola personale:

essere onesto, dire la verità, pagare la giusta paga agli operai, amare il mio lavoro.

Nulla più.

Me lo lasceresti fare?

ecce sto ad ostium et pulso

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Quindi te lo lascerei fare se questo tuo bisogno di libertà non vada a "compromettere" le libertà altrui... mi sembra semplice ciò che dice Kant.

"La mia libertà finisce quando inizia quella altrui" :shock:

Scusate l'intromissione :ghghgh:

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Quindi te lo lascerei fare se questo tuo bisogno di libertà non vada a "compromettere" le libertà altrui... mi sembra semplice ciò che dice Kant.

"La mia libertà finisce quando inizia quella altrui" :)

In effetti è molto semplice quello che dice Kant.

Essendo un aforisma Kant omette di spiegare quale sia il punto di contatto fra la tua e la mia libertà. Probabilmente lo ha fatto in tutti i tomi che ha scritto prima e dopo questa frase.

La peculiarità di questa frase è che è, passatemi il termine, palindorma.

La mia libertà finisce dove inizia la tua, e la tua libertà finisce dove inizia la mia.

Un chiasmo perfetto.

Non c'è giudizio e non si dice quale delle due libertà sia più importante rispetto all'altra.

Quindi?

Chi dei due può vivere cercando di essere coerente con i valori che nella sua favola sono importanti?

Piccolo siparietto

Siamo nella stessa barca...anche io sono felice così, senza dio e liturgie...

Vale di più la mia felicità o quella di chi crede?

Come ha detto Minerva. Una nuova Kant. Come dire la prima Kant. Cioè Eva Kant :shock::ghghgh:

ecce sto ad ostium et pulso

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Non c'è giudizio e non si dice quale delle due libertà sia più importante rispetto all'altra.

Quindi?

Chi dei due può vivere cercando di essere coerente con i valori che nella sua favola sono importanti?

Ma Kant difatti non ha alcuna intenzione di dare una definizione su quale libertà sia più importante.

Non c'è giudizio, ogni libertà è concessa finché non va a ledere, non va in conflitto, con le libertà dell'altro.

Chi dei due può vivere cercando di essere coerente con i propri valori?

Entrambi...

Perché bisogna fare per forza una scala di valori dove uno vale più di un altro?

Perché bisogna etichettare tutto in un ben preciso schema di valori che nella maggior parte dei casi sono puramente personali e non oggettivi?

Non ce ne è bisogno se si applica il concetto tanto semplice, quanto complesso, racchiuso in quella frase.

Ma tralasciando questo: tu dici che non c'è giudizio, ma mettiamo caso il giudizio ci deve essere per forza... chi ha questa autorità per poter decidere quale libertà sia più importante e quale meno?

Una qualche istituzione?

Un qualche Dio?

E per quale motivo dovrei accettare questa classificazione? :ghghgh:

Ma tornando alla tua domanda.

Io ti lascerei fare tutto quello che vuoi, purché (ripeto) la tua libertà, il tuo bisogno di essere felice, non vada a ledere le libertà di qualcun altro :shock:

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La storia della felicità seguiva il discorso che avevi tirato in ballo tu...sai? :)

;) no, no. E' un discorso ben più vecchio di questi ultimi post, che ricorre in diverse altre discussioni.

Ma Kant difatti non ha alcuna intenzione di dare una definizione su quale libertà sia più importante.

Non c'è giudizio, ogni libertà è concessa finché non va a ledere, non va in conflitto, con le libertà dell'altro.

Chi dei due può vivere cercando di essere coerente con i propri valori?

Entrambi...

Giusto.

Ma fino a che punto? O meglio, potrebbe esserci un punto in cui questa asserzione di libertà reciproca si invalida?

Perché bisogna fare per forza una scala di valori dove uno vale più di un altro?

Perché bisogna etichettare tutto in un ben preciso schema di valori che nella maggior parte dei casi sono puramente personali e non oggettivi?

Non ce ne è bisogno se si applica il concetto tanto semplice, quanto complesso, racchiuso in quella frase.

Vediamo.

Viviamo in due continenti separati dall'oceano. Nessuno dei due ha contatti diretti con l'altro. Non ci sono relazioni diplomatiche e nessuno sa dell'esistenza dell'altro.

La mia favola è vivere in una situazione in cui mi sveglio con il sorgere del sole, vado a letto poco dopo il tramonto, coltivo la terra con il sudore della mia fronte, e così via.

La tua favola è vivere in una situazione industriale.

Vuoi il SUV per andare a prendere le sigarette, l'aria condizionata a 18 gradi, le luci accese tutta notte.

La tua favola ti permette di vivere benissimo felice e sereno con i tuoi valori.

Però la tua favola produce un sacco di inquinamento. Inquinamento che provoca piogge acide ad un continente di distanza, quello in cui abito io. Piogge che bruciano tutte le mie colture.

Quindi?

Come si fa ad applicare un concetto tanto semplice, quanto complesso, racchiuso in quella frase?

Qual è il punto in cui l'affermazione di Kant perde senso?

Detta matematicamente, qual è il suo campo di esistenza?

Che tipo di tessuto sociale richiede questa frase per continuare ad essere vera?

Quale etica?

Ma tralasciando questo: tu dici che non c'è giudizio, ma mettiamo caso il giudizio ci deve essere per forza... chi ha questa autorità per poter decidere quale libertà sia più importante e quale meno?

Una qualche istituzione?

Un qualche Dio?

E per quale motivo dovrei accettare questa classificazione? :)

Questa è una bella domanda.

C'è una bella canzone dei Depeche Mode che si intitola Higher Love.

Ma lasciando perdere le cose sdolcinate e la religione, come si esce da questa impasse?

Ti rigiro la domanda. Non per divincolarmi, ma per andare un po' più sotto della superficie.

Per quali motivi si potrebbe rendere necessario un giudizio? e per quali motivi potresti accettare una classificazione di valori? e quali potrebbero essere questi valori?

Ma tornando alla tua domanda.

Io ti lascerei fare tutto quello che vuoi, purché (ripeto) la tua libertà, il tuo bisogno di essere felice, non vada a ledere le libertà di qualcun altro :ola:

Che è una cosa molto bella. Ed io ti farei fare lo stesso se le tue libertà non ledessero le mie. E torniamo da capo.

ecce sto ad ostium et pulso

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Giusto.

Ma fino a che punto? O meglio, potrebbe esserci un punto in cui questa asserzione di libertà reciproca si invalida?

Vediamo.

Viviamo in due continenti separati dall'oceano. Nessuno dei due ha contatti diretti con l'altro. Non ci sono relazioni diplomatiche e nessuno sa dell'esistenza dell'altro.

La mia favola è vivere in una situazione in cui mi sveglio con il sorgere del sole, vado a letto poco dopo il tramonto, coltivo la terra con il sudore della mia fronte, e così via.

La tua favola è vivere in una situazione industriale.

Vuoi il SUV per andare a prendere le sigarette, l'aria condizionata a 18 gradi, le luci accese tutta notte.

La tua favola ti permette di vivere benissimo felice e sereno con i tuoi valori.

Però la tua favola produce un sacco di inquinamento. Inquinamento che provoca piogge acide ad un continente di distanza, quello in cui abito io. Piogge che bruciano tutte le mie colture.

Quindi?

Come si fa ad applicare un concetto tanto semplice, quanto complesso, racchiuso in quella frase?

Qual è il punto in cui l'affermazione di Kant perde senso?

Detta matematicamente, qual è il suo campo di esistenza?

Che tipo di tessuto sociale richiede questa frase per continuare ad essere vera?

Quale etica?

Questa è una bella domanda.

C'è una bella canzone dei Depeche Mode che si intitola Higher Love.

Ma lasciando perdere le cose sdolcinate e la religione, come si esce da questa impasse?

Ti rigiro la domanda. Non per divincolarmi, ma per andare un po' più sotto della superficie.

Per quali motivi si potrebbe rendere necessario un giudizio? e per quali motivi potresti accettare una classificazione di valori? e quali potrebbero essere questi valori?

Che è una cosa molto bella. Ed io ti farei fare lo stesso se le tue libertà non ledessero le mie. E torniamo da capo.

Vedi ellele, la filosofia non ha mai avuto (almeno secondo me ovvio) un vero e proprio risvolto pratico. Ci hanno provato ad uscire da questo approccio utopico della realtà e scendere a qualcosa di pratico e attuabile (vedi Marx) ma anche lì è finita male.

Quello che a noi ci resta della filosofia e possiamo attuare è una serie di aforismi, di indicazioni (come quello di Kant) che però vanno applicati tenendo conto del tessuto sociale in cui ci muoviamo.

La risposta al tuo quesito te la sei data da sola ponendo da una parte una serie di esempi idilliaci (lavorare nei campi ecc. ecc.) e dall'altra una serie di comportamenti totalmente opposti e sbagliati (inquinamento), quindi?

Appare evidente che il secondo comportamento è sbagliato perché lede la libertà altrui, cioè quella tua di coltivare.

Come si fa ad applicare un concetto tanto semplice quanto complesso?

E' impossibile applicarlo nel suo senso letterale (che è quello che hai analizzato te) ma è semplice, ma sempre complesso, applicarlo in un altro modo, in un modo più reale.

Ma non stiamo parlando solo dell'insegnamento di Kant, ma di qualsiasi cosa che all'apparenza è bella, buona e sana... anche i 10 comandamenti (tanto per rimanere in tema) racchiudono una serie di indicazioni giuste ma che possono venire applicati in una società soltanto in un contesto utopico e non reale.

Cosa possiamo fare per rispettarli?

Scendere a compromessi, che è la stessa cosa che si deve fare con ciò che dice Kant.

Ma questo scendere a compromessi non significa dover decidere quale libertà è più importante dell'altra... perché è fondamentalmente sbagliato.

Come diceva Fabrizio De André le maggioranze (che a rigor di logica sono quelle che dovrebbero decidere quale libertà è più importante rispetto ad un altra per il bene collettivo) "hanno la cattiva abitudine di guardarsi attorno, di contarsi e prendere conoscenza della loro forza per dettare leggi, per dettare valori che servono soltanto ai loro comodi: "Coltivando tranquilla l'orribile varietà delle proprie superbie la maggioranza sta".

La frase che ti ho citato di Kant era semplicemente per rispondere alla tua domanda e non per essere applicata all'intero contesto sociale che non è composto da bianchi e da neri, ma da grigi (evviva la banalità :)) Da un'insieme di sfaccettature che rende impossibile definire con assoluta certezza quali comportamenti e valori siano sbagliati e quali comportamenti e valori siano giusti (anche se qualcuno ogni tanto prova a farci credere questa cavolata ;))

Quindi tornando sulla tua domanda: tu hai chiesto se potevi fare ciò che volevi per essere felice... io ti ho risposto dal canto mio che puoi fare quello che vuoi purché non vai a rovinare le libertà altrui... è logico che se per essere felice devi uccidere delle persone che la pensano diversamente da te allora forse è il caso che rimani infelice :).

Tu mi dirai "bravo, belle parole, ma siamo tornati al punto di partenza" e io ti chiedo: Cosa ti aspettavi?

Ogni volta che degli esseri umani si interrogano e approdano sul campo di ciò che è metafisico le risposte non arrivano mai, è un continuo continuare a farsi domande e darsi risposte che riportano soltanto alla domanda di partenza... ma intanto il mondo è composto da persone infelici e da persone che si credono di poter fare una scala di valori, di poter analizzare il mondo con una sorta di paraocchi mentale che viene legittimato da qualche istituzione che si prende l'onere, non richiesta, di decidere cosa è giusta da cosa è sbagliato ciò che è normale da ciò che è contro natura... e così via.

Per quali motivi si potrebbe rendere necessario un giudizio? e per quali motivi potresti accettare una classificazione di valori? e quali potrebbero essere questi valori?

Naturalmente tutto questo discorso non va applicato per quei comportamenti ovvi e stupidi, non va applicato per quei valori palesi, ma per tutta quella serie di questioni che rimangono sul filo del rasoio, che non sono ben definite.

La cosa divertente è che questa "serie di questioni" non è oggettiva, è comunque soggettiva e dipende da individuo ad individuo... per me un valore potrebbe essere ovvio e per te no, insomma potrei scrivere pagine e pagine su questo argomento e la conclusione è sempre la stessa: ovvero nessuna.

Ma attenzione, tale mia conclusione non significa cadere in un qualche tipo di qualunquismo intellettuale, è semplicemente l'aver capito (per il momento ovviamente, a 19 anni quante cose potrò mai aver capito? :ola:) che non esiste verità assoluta, non esiste il giusto e il sbagliato in senso assoluto, non esiste nulla di certo... tutto vive e muta in un relativismo incredibile.

L'unica soluzione che per il momento ho trovato è che prima di giudicare un qualcosa giusto o sbagliato è il caso che provo a mettermi nei panni di quella persona, insomma di indagare il perché quella persona è arrivata a tale scelta di vita... è facile vedere una persona che ogni sera si ubriaca e dire "Ma cosa fa quello? Non si accorge che è un qualcosa di profondamente sbagliato?" il problema è: "Perché è arrivato a quel punto, cosa lo ha spinto a quella situazione?" solo così si potrà allora capire se veramente quel comportamento è giusto o sbagliato.

"E’ facile giudicare,

ma pensate alla disperazione,

provate ad immaginare

cosa si prova ad ubriacarsi da soli!"

:)

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Quindi te lo lascerei fare se questo tuo bisogno di libertà non vada a "compromettere" le libertà altrui... mi sembra semplice ciò che dice Kant.

"La mia libertà finisce quando inizia quella altrui" :)

Scusate l'intromissione ;)

ma quale intromissione! son contento che partecipi!:ola:

Giovanni Affinita

"L'innamoramento dura pochi mesi, l'Amore dura tutta la vita"

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